I lavori di Luca Loschiavo partono dalla lettura di un passo di un sincero ammiratore di Roma, Ammiano, e dalla sua puntuale osservazione dell’attività dei prefetti urbani durante gli anni di regno di Valentiniano I.
Lo storico del IV secolo – illustrando il passaggio dal governo dell’imperatore apostata Giuliano – racconta di una Roma agitata dalla crisi del vino e della speculazione edilizia “che incattivisce la plebe” [Res gestae, XXVII, 3]. Negli stessi mesi, l’imperatore indirizza al prefetto urbano Avianio Simmaco – in carica per 11 mesi tra il 364 e il 365 d.C. – ben 31 Costituzioni.
Due tra le prime ad Symmachum (de operibus publicis), restituiscono un quadro significativo della situazione. In CTh. 15.1.11, Valentiniano vieta ai magistrati di costruire nuove opere senza il suo permesso, fatti salvi i restauri; in Cth. 15.1.12, intima alla prefettura di riappropriarsi degli edifici pubblici, illegittimamente occupati, e destinati alla conservazione e alla distribuzione delle provviste alimentari, in particolare del grano.
Secondo S. Mazzarino, che pure si è espresso sul passo di Ammiano, la prima costituzione va interpretata come un freno dell’imperatore alle speculazioni edilizie che il prefetto urbano intende avviare. Mazzarino sostiene del resto che, fuor di ogni elogio, il riferimento di Ammiano
libenter se vino proprio calcarias extincturum
sia indice del fatto che le due attività speculative siano effettivamente nei piani del prefetto.
È però possibile anche una seconda e differente interpretazione (Lizzi Testa), secondo la quale sarebbe stato lo stesso prefetto a richiedere quella norma, in esecuzione di un disegno condiviso dal gruppo tradizionalista del senato: salvaguardare le ricchezze anche architettoniche della Roma pagana, oggetto allora di una azione di spoliazione attuata più o meno nascostamente dai cristiani, desiderosi di dare visibilità alla Roma cristiana (Pietri).
A ben vedere infatti, l’analisi dell’intervento imperiale e prefettizio in tema di edilizia pubblica pare confermare la seconda lettura. Le ricerche di Charles Pietrì evidenziano come in quegli anni, gli antichi templi pagani vengano spesso fatti oggetto di spoliazioni (sia dei tesori che contenevano sia delle parti architettoniche) da cristiani. Pietrì restituisce l’idea di una vera e propria aggressione alla città e all’edilizia pagana, del tutto contemporanea all’opera di conversione delle classi senatorie portata avanti dal papa Liberio (352-366 d.C.).
Confrontati al fenomeno dell’occupazione edilizia e delle conversioni patrizie, Avianio Simmaco e buona parte del Senato rispondono con un impianto votato alla riaffermazione della tradizione romana pagana, imperitura e innegabilmente superiore.
Verrebbe da chiedersi, assieme a Emanuele Conte, come faccia la classe senatoria a sopportare questa progressiva spoliazione. La risposta è forse nelle ambivalenze interne alla stessa classe senatoria, oltre che nell’avvento imminente di Damaso, primo interprete del compromesso cristiano con l’aristocrazia, a capo della Chiesa.
Ricorda Loschiavo, a mo’ di precisazione, che l’urgenza della riaffermazione della Tradizione è avvertita in maniera differente in Oriente: è piuttosto a Roma che impianto urbanistico e giuridico si sovrappongono. Ad Antiochia e Costantinopoli sembra non rilevarsi il senso di snaturamento strutturale sentito nell’Urbe.
Si inserisce in questo quadro il restauro del pons Agrippae (oggi Ponte Sisto); secondo Mazzarino, l’idea di fondo è quella di restaurare l’antico in funzione di un progetto politico ben preciso: conservare lo Stato così come è e impedire che il tempo offuschi una tradizione imperitura (che è al tempo stesso religiosa e giuridica) . Sul punto CTh. 15.1.11 e CTh. 16.1.1. del 364 d.C. testimoniano di una convergenza tra Simmaco e Valentiniano.
Ci si chiede in sala se la misura non segnali l’emergere di una politica più ad ampio raggio: contrastare la conquista cristiana dell’architettura della città.
Emanuele Conte avanza un’idea e una domanda: se è vero che a Roma gli edifici sono protagonisti di tante novità istituzionali e di un forte spostamento della ricchezza, vi è da chiedersi se la spoliazione dei templi abbia o meno una funzione istituzionale, come quella di assorbire le ricchezze che si spostano.
In proposito Sara Menzinger (ricordando Wickham) rileva come l’edilizia pubblica non sia mai un campo neutro La Chiesa entra gradualmente nell’edificio pagano e con ciò si sostituisce nella funzione. Il tempio diventerà presto un luogo di riscossione delle imposte, funzione eminentemente pubblica come a dire che le sovrapposizioni osservate nel tessuto urbano della Roma del IV secolo influenzeranno tutto il cristianesimo successivo.
Da Giuliano a Valentiniano: la transizione politica a Roma.
Avianio Simmaco, già princeps senatus, non nasce con Valentiniano, e anzi è tra i primi a schierarsi con Giuliano ai tempi della sua ascesa. Il passaggio di consegne tra gruppi dirigenti, e la permanenza di Simmaco nei vertici imperiali capitolini, si deve probabilmente ai consigli imperiali di Mamertino, e più in generale al fatto che il traghettamento a Roma venga condotto dai sostenitori dell’apostata. I primi anni dell’imperatore cristiano sembrano confermare del resto l’impronta politica del predecessore per quanto attiene all’ambito fiscale, religioso, e alla selezione del personale.
Lo scontro con la Chiesa di Roma e l’uso del diritto.
Il quadro politico è complicato dal fatto che sempre più senatori siano sulla via della conversione: le relazioni a Roma tra cristianesimo e paganesimo nei primi anni di Valentiniano, non sono puramente oppositive, scontano anzi divisioni reciproche. Mentre la transizione imperiale approfondisce le divisioni tra magistrature e alla classe senatoria, la morte di Liberio (366 d.C.) scatena nella Chiesa romana lo scontro armato per la successione: da una parte Damaso, sostenitore di una linea compromissoria e dialogante con la “res publica” romana, dall’altra Ursino, interprete di un cristianesimo più rigido.
Come sottolinea Loschiavo, il biennio dell’Imperatore Giuliano, ha costretto la Chiesa a innovare la propria posizione nei confronti dello Stato romano, o quantomeno a porsi il problema del superamento della sua prima indifferenza.
Avianio Simmaco, per parte sua, sembra avvalersi degli strumenti giuridici a sua disposizione per infastidire i cristiani, sul fronte amministrativo come su quello penale. Due costituzioni a lui indirizzate (CTh. 16.1.1; CTh. 9.40.8) stabiliscono rispettivamente:
- il divieto di affidare la sorveglianza dei templi a uomini di fede cristiana: Valentiniano sembra qui frenare lo sgarbo fatto ai cristiani nominati custodi (e quindi responsabili);
- il divieto di destinare i cristiani accusati e condannati alla scuola dei gladiatori (ludus), costringendoli così a uccidere; segno che a Roma l’uso doveva essere esattamente contrario.
La vittoria di Damaso e i nuovi rapporti con il cristianesimo.
Nel 370 d.C., anno della CTh. 16.2.20, Damaso ha vinto e alla prefettura urbana si sono avvicendati Volusiano, Vivenzio, Pretestato e Olibrio. Valentiniano esaudisce Damaso prima esiliando Ursino, poi facendo divieto agli uomini di Chiesa di accedere a matrone o pupille, così da ostacolare quanti nel clero, tentavano di raccogliere risorse e appropriarsi del patrimonio ecclesiastico. Di qui a poco, il segretario di Damaso, Girolamo, avvierà la sua politica di moralizzazione del clero, con l’obiettivo di radunare tutto il patrimonio in capo al Vescovo di Roma.
La conversione della classe senatoria è ancora in corso. Ciò comporta che le tensioni già presenti tra le famiglie più potenti della città, si sovrappongano a quelle interne alla cristianità romana, e che a queste si aggiungano i sei anni di epurazione promossa da Flavio Massimino, pannonico e prefetto dell’annona tra il 368 e il 370.
Conclusioni provvisorie.
Nel dibattito successivo all’esposizione, ci si è chiesti se finalmente la tradizionale lettura del Senato come centro di paganesimo non entrasse in contraddizione con le linee di sviluppo storico esposte. Quel che è certo – sottolinea Loschiavo – è che nel decennio esaminato il papato adotta una nuova postura per non discostarsene più (dalla lotta alla tradizione alla progressiva appropriazione).
Gli undici anni di Valentiniano sono decisivi per gli sviluppi futuri della Chiesa e d’altra parte sarà lo stesso imperatore ad assumere posizioni diverse, smentendo via via molte delle sue aperture iniziali (parallelamente alla caduta politica di Mamertino). Crifò – ricorda Victor Crescenzi – segnalava alcuni anni fa come, diversamente dall’ipotesi di una cristianizzazione di Roma, sia qui la Chiesa a romanizzarsi, complice il diritto romano.
Riferimenti bibliografici
R. Lizzi Testa, Senatori, popolo, papi: il governo di Roma al tempo dei Valentiniani. Vol. 21. Edipuglia srl, 2004.
C. Pietri, Roma christiana: recherches sur l’Église de Rome, son organisation, sa politique, son idéologie de Miltiade à Sixte III (311-440). Vol. 2. École française de Rome, 1976.